Il
Carnevale
Il
girotondo delle maschere
G.
Gaida
E'
Gianduia torinese
Meneghino
milanese.
Vien
da Bergamo Arlecchino
Stenterello
è fiorentino.
Veneziano
è Pantalone,
con
l'allegra Colombina.
Di
Bologna Balanzone,
con
il furbo Fagiolino.
Vien
da Roma Rugantino:
Pur
romano è Meo Patacca.
Siciliano
Peppenappa,
di
Verona Fracanappa
e
Pulcinella napoletano.
Lieti
e concordi si dan la mano;
vengon
da luoghi tanto lontani,
ma son fratelli, sono
italiani
La storia dei coriandoli.
Durante le sfilate di carrozze, tipiche di molte città,
venivano gettati sulla folla mascherata granoturco ed arance, fiori, gusci
d'uovo ripieni di essenze profumate, monete..
A partire dal XVI secolo, con i frutti del coriandolo,
rivestiti di zucchero, si iniziarono a produrre dei confettini profumati, fatti
apposta per essere lanciati dall' alto dei carri mascherati o da balconi e
finestre.
Questa usanza, piuttosto costosa, cadde in disuso. I
confetti bianchi vennero gradualmente sostituiti da piccole pallottole, di
identico aspetto, ma fatte di gesso.
Pare che a Milano, nel XIX secolo, si cominciò a tirare
qualcosa di diverso: minuscoli dischetti di carta bianca che al minimo refolo
di vento si sollevavano in aria, come se una nevicata ricoprisse i carri che
sfilavano.
Narra la leggenda che la geniale trovata fosse dell'ingegner
Enrico Mangili, che aveva pensato di usare i dischetti di scarto dei fogli
bucherellati che si usavano come lettiere per i bachi da seta. Presto la folla
li cominciò a chiamare con il nome con cui ancora oggi li conosciamo:
coriandoli.
I coriandoli cominciarono ad essere prodotti a livello
industriale e non più come materiale di scarto, utilizzando anche carta
colorata.